Ormai sembrano certe le cause degli allagamenti nella piana di Rignano Garganico. Niente esondazione del Candelaro e neppure c’entra la straordinarietà della pioggia caduta,
dovuta sì al riscaldamento del pianeta, come si sostiene a livello europeo, ma anche alla trascuratezza di talune Istituzioni ed Enti che hanno governato lo status ai vari livelli. Il torrente che attraversa in lungo e in largo il territorio sottostante al paese pare che sia intatto in tutto e per tutto, se non addirittura completamente vuoto sia a monte (zona di San Severo e Molise), sia a valle (foce nei pressi del Golfo di Manfredonia). Precisamente la zona interessata dall’alluvione è compresa tra il ponte di Cappelli e la contrada Cicerone in agro di San Marco in Lamis (si tratta di alcune migliaia di ettari).
È allagata un’ampia zona sia a destra sia a sinistra del corso d’acqua in parola. Questo – secondo i bene informati – starebbe a significare che le sue paratoie sarebbero rimaste del tutto chiuse, impedendo così alle acque esterne di defluire nel letto del torrente. L’irruenza dell’acqua dalla montagna è stata spaventosa trasportando giù tutto ciò creava ostacolo, trasformando i valloni in enormi cascate e strade e tratturi in fiumi rumorosi e limacciosi.
A descrivere lo stato del disastro con gli occhi pieni di lacrime agli occhi era stato per tutto il pomeriggio di ieri, come già annunciato, il vice sindaco Giosuè Del Vecchio a bordo del fuoristrada, chiedendo aiuto a tutti: volontari, vigili del fuoco e quanti altri a dare una mano d’aiuto agli agricoltori isolati e agli automobilisti di passaggio rimasti bloccati in mezzo ad un ‘mare’ d’acqua transitabile solo attraverso piccoli gommoni. Insomma se la sono vista davvero brutta.
I danni, non ancora quantificati, risultano incalcolabili. Qualcuno addirittura minaccia di abbandonare tutto e di cambiare mestiere, perché per andare avanti dovrebbe caricarsi di un debito eccessivo per le sue tasche. “È da quarant’anni circa che le cose stanno così – ci dice un altro conoscitore dei fatti – della problematica si era interessata persino la soppressa Comunità Montana del Gargano– durante la prima adozione del Piano dello Sviluppo del Gargano, redatto dai massimi studiosi di settore, a cominciare da Vittorio Gualdi dell’Università di Bari, scomparso qualche anno fa.
Lo studioso nel suo ambizioso progetto di sistemazione dei vari pendii della montagna meridionale, quasi tutta spoglia di vegetazione, prevedeva, oltre a necessari interventi di riforestazione, la realizzazione di valloni (canaloni) a saliscendi . Sistema , a suo dire, che, oltre a rallentare il percorso, serviva anche ed evitare l’erosione e il trasporto di grossi massi e nel contempo avrebbe favorito con la sua lentezza l’assorbimento di gran parte delle acque. Una volta in pianura la canalizzazione a rete avrebbe permesso il suo regolare deflusso prima nei canali laterali e poi attraverso le predette paratie l’arrivo agevole nel fiume, salvando così dall’inondazione estesi appezzamenti di terreni oggetto di colture varie.
Nulla è accaduto finora, perché nel corso dei decenni gli Enti interessati hanno cambiato gestione ed obiettivi, trasformati come sono da Istituzioni democratiche in organismi centralizzati e governativi, come l’Ente Parco al posto della Comunità Montana, e il Consorzio di Bonifica Montana che da ‘carrozzone’ clientelare, come si diceva ed era ritenuto allora da sinistra, a struttura tecnico-burocratica, sempre pronta ad incassare soldi dai soci consorziati (è il pensiero di alcuni oggi), ma lontana da sposare grandi progetti di sistemazione idrogeologica , come quello testé raccontato, e nel caso Rignano, anche di tipo amministrativo, come il consorzio tra proprietari e Comune (circa 4.500 ha), al fine di rendere utile il loro abbandono, permettendo agli allevatori di ottenere in modo regolare maggiori estensioni di pascolo brado e accrescendo così l’economia.
Chi scrive , questi problemi li ha vissuti in prima persona quale amministratore pro-tempore ed estimatore accanito del grande Gualdi, col quale si trovava spesso a viaggiare insieme da Monte Sant’Angelo, sede dell’Ente in parola, e Rignano Garganico, paese che piaceva tantissimo all’illustre studioso scomparso. Per di più qui vive ed opera Grazia Cella, affezionatissima e distinta allieva di lui, nonché docente e progettista di lungo corso in materia.
Infine, il medesimo interlocutore è fermamente convinto della bontà della storia e della riscoperta dei progetti mancati, ma utili per il territorio e la comunità.
Giornalista, scrittore e storico. Ha al suo attivo una cinquantina di pubblicazioni su tradizione, archeologia e storia locale.