Da qualche giorno è ritornato ad essere attivo, a Rignano Garganico, un nuovo negozio dell’intimo, femminile, maschile e per l’infanzia, nonché di altre merci casalinghe di prima necessità. A metterlo su è stata la giovane Nicla Fusco, una ragazza decisa a non emigrare e a rimanere in loco, per sistemarsi con il lavoro delle proprie mani. Lo stesso si chiama Vanity e sorge al piano terra di Corso Roma nei pressi di Largo Portagrande, centro storico e vitale del paese.
Gli ultimi gestori di siffatti servizi erano man mano spariti per via dell’abbandono obbligato dell’attività, vuoi per pensionamento vuoi per la prematura scomparsa del medesimo. Per esempio, quello con un passato assai nobile, gestito com’era dalla Nannina, donna, peraltro anche di chiesa, assai gentile e sapiente del fatto suo. Tant’è che il suo emporio, ubicato nel centralissimo Largo Palazzo Baronale in ogni momento della giornata aveva una fila assai lunga. Ci si veniva al negozio non solo per gli abiti, ma anche per qualsiasi altra evenienza, come la ricerca del bottone giusto all’indumento più intimo da indossare al momento giusto.
Tutti sanno che un negozio del genere, proprio perché serve a tutti i cittadini, è indispensabile per la collettività centrale e periferica, come in seguito si dirà. Da sempre, fermi al proverbio “Chi di bottega campa, chi di lavoro muore”, l’arte del “pannacciar’ ” è stata da sempre assai apprezzata e praticata in paese. Pensate che con questa arte ci si faceva non solo i soldi, ma anche serviva come trampolino di lancio per altre attività importanti, anche pubbliche. Non a caso nel 1904 era sindaco del paese Matteo Sollazzo, di professione, appunto, “pannacciar’ ”. Anzi no, possedeva un vero e proprio “funeche” (fondaco), perché si trovava di tutto, al pari degli omonimi magazzini che affiancavano un tempo i luoghi di tassazione. Con la sua esperienza e i saggi consigli mise a posto ogni cosa, compresa la repressione del malaffare (Vedi volume sul paese di Padre Doroteo Forte, 1984).
Pure “funeche” era chiamato il grande locale di vendita in Corso Giannone (detto anche piazza) gestito da Palmuccia, che monopolizzava un po’ tutto il commercio della “robba” (stoffe ed indumenti). Navigata nell’arte della pubblica relazione e di zitella, ne restò prima sino alla sua morte.
Sempre in tempi più recenti si ricordano sullo stesso genere di merci altri negozi di successo, come per esempio quello di Maria Rosa, al cui negozio rimediato in casa si accedeva con una ripida scalinata, ubicata nella Via Processionale, alias Via Gioielli. Nei pressi della lapide murale a Padre Pio. E’ una scalinata che molti ragazzi di un tempo ricordano ancora, specie quelli di sesso maschile, perché si divertivano non solo a giocare allo scivolo anche loro, ma avevano l’occasione di saggiare la bellezza femminile. Il nome piacque assai ad una di essa, scrittrice che a tempo debito fondò nel Capoluogo un vero Circolo di successo al femminile chiamato “La merlettaia”, forse (è mia l’ipotesi) in virtù di questo ricordo antico.
Altro personaggio chiave ad esercitare il medesimo mestiere, sempre in Corso Roma , fu Giovanni, uomo che col suo fare convincente ed empatico riusciva a piazzarti anche la “camicia” o l’intimo più costoso. Stimato dall’intera comunità, fu un attivo protagonista di circoli sociali vari, compresi quelli delle sagre, a cominciare dalla carne di capra acqua e sale.
Da tempo quest’ultimo non c’è più, ma il ricordo dell’uomo è rimasto sempre inalterato. Anche la consorte apparteneva a famiglia di commercianti. Primo fra tutti, Il citato Sollazzo, sindaco della cittadina. Data la novità e lo scopo dell’iniziativa, quella di risollevare l’economia dei piccoli centri abitati, non ci resta che augurare “Ad Multos Annos” al negozio e all’intraprendente titolare.
Giornalista, scrittore e storico. Ha al suo attivo una cinquantina di pubblicazioni su tradizione, archeologia e storia locale.