di Francesco Gisolfi (*)
Penso che nessun altro ha più titoli di me per porgere l’estremo saluto al compagno Giuseppe. Rivendico con forza questo diritto di primogenitura e ne sono orgoglioso. Altri può scrivere un ricordo di tutta la sua vita, ma il mio è, per così dire, un discorso doveroso sulla sua vita passata insieme a noi nel Partito Comunista Italiano.
Parlare di lui è parlare di oltre un cinquantennio di storia del PCI a Rignano Garganico, a quasi quaranta ammontano gli anni passati insieme a Giuseppe nella sezione. Quando sono entrato nella sezione lui era comunista da subito il dopoguerra, quando il PCI usciva dalla clandestinità per assumere la funzione politica e pubblica nella rinascita dell’Italia dalle macerie in cui l’aveva lasciata il fascismo. Del periodo precedente il ’60 ho qualche vivido ricordo, che è rimasto indelebile nella mia memoria: gli scioperi per il lavoro, comizi affollati e accesi, manifestazioni a cui partecipava l’intero paese e lui in testa a cantare Bandiera Rossa: allora queste manifestazioni erano agguerrite e sentite e si facevano gridando Pane e Lavoro. Erano i tempi di Di Vittorio e i nostri braccianti lottavano per il pane e il lavoro: la miseria e la disoccupazione erano tante. Erano pure i tempi eroici in cui s’andava a piedi a Foggia a sentire un comizio di Di Vittorio e di Togliatti. Si usciva da una guerra che doveva dare salvezza e un posto al sole e invece ha dato povertà e miseria, rese più disastrose dalla guerra. Quando sono entrato nel partito non ho trovato un ambiente facile. Le braccia non erano aperte per uno che sapeva leggere e scrivere, alcuni mi presero subito in simpatia, altri sospettavano che fossi una spia della DC, perché mio padre era democristiano e mi tennero in osservazione per alcuni anni e quando si convinsero che ero comunista sincero e vero, caddero le ultime resistenze e mi affidarono il partito e Giuseppe in segno di approvazione mi sollevò da terra e mi diede il benvenuto.
Da allora tutti mi vollero più bene e mi circondarono d’affetto e di calore.
Di lui ricordo parecchi episodi, in un quarantennio passato insieme molte cose accadono. In una campagna elettorale stavo tenendo il comizio di chiusura, quando sento dal palco delle grida e degli applausi che annunciavano l’arrivo dalla Germania di Giuseppe e di altri compagni, i quali senza andare a casa a lasciare le valige venivano a sentirsi il loro comizio. Ad un tratto si tolse la corrente e lui dalla piazza gridò (ovviamente in dialetto): noi sappiamo parlare anche senza luce e io finivo il discorso tra gli applausi. Seguirono gli abbracci. Che il comizio fosse programmato per quell’ora era risaputo, ma che si togliesse la corrente, è stata una felice coincidenza. Un vero e felice colpo di teatro!
Ricordo che Giuseppe era ricoverato nell’ospedale di San Marco. Siccome i rapporti tra me e lui erano in quel momento freddi, mi consigliai con Giovanni Tavano, che era stato in Germania con lui e lo conosceva molto bene: volevo andare a fargli visita e così andai e ci abbracciammo. Mi riferì poi Giovanni le parole di ammirazione e fiducia che mi riservava.
Una sera facevamo una francescana cena da Luigi Resta e nostro ospite era il segretario comunale Giuseppe Stoduto. Si scherzava con tutti i compagni presenti e col segretario. Giuseppe ad un tratto prese una bottiglia di birra e l’aprì don i denti. Il segretario rabbri-vidì ed io rivolgendomi a lui: Vedi, segretario, che compagni abbiamo a Rignano!
Ma il ricordo più bello è questo. Ero sindaco dal 15 giugno del ‘75, qualche giorno prima di Ferragosto pensai di fare la prima festa dell’Unità. Comunicai l’idea ai compagni più vicini, i fratelli Coletta, i fratelli Longo, Pietro Nisi, Antonio Coco, Michele Pellegrino Paolo Montesano Vincenzo Danza, Vincenzo Novelli. Tutti abbracciarono l’idea. Avevo timore che non ce la facessimo. Allora almeno a Rignano non c’erano i tubi Innocenti e il palco bisognava farlo con travi e tavole dei muratori e quindi il lavoro era pesante e difficoltoso, bisognava trovare prima il materiale e poi montarlo. Si decise che la festa si facesse il 17 agosto. La mattina del 17 verso le 10 mi recai a vedere a che stavano i compagni, quando Giuseppe da lontano mi gridò: Sindaco, hai perso la scommessa! Adesso pagaci una bottiglia di birra e così brindammo al successo. La festa riuscì. Grande manifestazione politica di popolo. Non ci speravo sul risultato: la festa cadeva il giorno dopo Ferragosto e la nostra festa patronale ed era quasi impossibile approntare il materiale e montare un palco! Ricordo che abbiamo versato un grande contributo alla stampa comunista, che mi valse un viaggio premio a Mosca. All’organizzazione della festa una grossa mano ce la diede la sezione di San Marco. La mattina del 17 i compagni accostarono il materiale e il palco a mezzogiorno era montato. Che compagni, veri stakanovisti! E come non ricordali? Il compagno Giovannone si è dato molto da fare. Grazie! A pranzo Giovandone e il figlio Vincenzo, che teneva ancora il farfo al naso, furono miei graditi ospiti. Ci legava una vecchia militanza politica, incominciata all’inizio degli anni ’60 e proseguita sempre più salda negli anni. A festa finita portai i compagni alla pizzeria Il Covo, per fare un po’ di baldoria. A guidare il coro in quel tripudio erano Giovannone e Giuseppe al grido di Rignano è rossa! Sammarco lo sarà! E lo fu subito.
Sciopero generale. Rignano partecipò con una rappresentanza a Bari. Il compagno Coletta si presentò alla sfilata vestito di colbacco e di casacca, proprio come un cosacco e un’icona della nomenklatura della rivoluzione d’ottobre. Tra la folla assiepata ai lati della strada e i manifestanti spiccava una robusta e alta figura. Aveva una voce che superava quella degli altoparlanti. Attirava l’attenzione e l’applauso di tutti ed era l’emblema della manifesta- zione. Giuseppe si sentiva realizzato e contento di aver portato come al solito il suo contri-buto a quella sfilata. Era spettacolo lui stesso e dava una nota di folclore alla sfilata.
Con te quasi tutta la vecchia guardia del PCI se n’è andata ed io sento moltissimo la vostra mancanza. C’è ancora qualcuno, come i fratelli Longo ed alti.
In questi ultimi anni, ma già da tempo Giuseppe accusava un disagio politico, con la fusione dei Ds e della Margherita, siccome gli sembrò che il nuovo soggetto politico, il Pd, facesse una politica più moderata, aderì a Rifondazione Comunista, il partito di Fausto Bertinotti. Mi comunicò la scelta e io cercai di dissuaderlo, dicendogli: Compagno, non sbagliare! Nessun altro partito ti darà lo stesso entusiasmo gli stessi ideali, in cui continuerai a credere. Ma se proprio così doveva essere, aderisse almeno a Sel, che era sempre il partito di Bertinotti. Ma io gli feci notare che il suo prestigio politico sarebbe aumentato se restava nel Pci, sarebbe diminuito se aderiva a Rifondazione Comunista. L’interessante rimanere nell’ideologia comunista. Il segretario di Sel era Vendola, il governatore della Puglia: almeno poteva portare a Rignano dalla regione tanti benefici. Le nostre strade si divisero definitivamente e nostri rapporti si affievolirono. Ma nella mia memoria rimane indelebile il ricordo di tanti momenti passati insieme. Molto sei stato per me: ma soprattutto un vero compagno!
Con te è caduta una quercia o come tu dicevi una cercula. Ricordo ancora quando parteci-pavamo a incontri, a comizi, a manifestazioni cantavamo infervorati Bandiera Rossa, Inno dei Lavoratori, l’Internazionale, Bella Ciao. Che tempi. Se n’è andata l’epopea comunista.
Sei stato non un semplice compagno di strada, ma qualcosa di più. Tu, che hai tanto lottato per i braccianti e per gli operai e soprattutto per il partito, non hai avuto mai niente dal partito e dall’amministrazione, accetta di buon grado almeno questo pubblico riconosci-mento. Oh se fossimo stati sempre insieme! Meriti l’intitolazione della tua sezione! Ci piace accompagnarti sussurrando e fischiettando l’Internazionale. Vorrei tanto che questo ricordo giungesse alle tue orecchie. Ti piacerebbe sicuramente. Addio, Giuseppe. Vattene tranquillo, lì ci sono tanti compagni, qui tanti altri, che porteranno avanti la tua bandiera. Ti accompagnano, fischiettando Bandiera rossa e alzando il pugno. Addio, Giuseppe!
(*) ex-Sindaco PCI di Rignano Garganico

Giornalista, scrittore e storico. Ha al suo attivo una cinquantina di pubblicazioni su tradizione, archeologia e storia locale.