Confesercenti, Alfonso Ferrara

Confesercenti di Foggia condivide quanto rivendicato da diversi colleghi di tutto il Paese.

Solo una massiccia iniezione di liquidità può evitare che molte medie, piccole e piccolissime aziende del commercio, del turismo e dei servizi non riapriranno.

Questo l’appello che Confesercenti lancia alle istituzioni locali e nazionali:

Occorre prepararsi ad una auspicabile ripresa e prevedere subito dopo questa infausta emergenza una scossa all’economia rilanciando i consumi attraverso la liquidità.

Confesercenti ha apprezzato
le prime misure del governo ma, ogni giorno che passa e nella prospettiva di una emergenza che purtroppo pare destinata a prolungarsi, esse si dimostrano
drammaticamente insufficienti e in ogni caso va rilevato che non sono immediate: ad esempio il credito d’imposta sull’affitto andrà in compensazione sulla dichiarazione dei redditi e l’affitto invece si deve pagare subito;
il rinvio della Tari o delle scadenze fiscali sono opportuni rinvii di spese alle quali bisognerà comunque far fronte;
neppure le facilitazioni al credito appaiono sufficienti, dal momento che si tratta anche in questo caso di denaro da restituire.

A fronte di ciò, le piccole attività del commercio – oggi e chissà per quanto – hanno  fortemente ridotto o azzerato
le entrate.

Qualche esempio serve a chiarire la situazione.

Il negozio di abbigliamento si trova un magazzino inutilizzabile, che però ha pagato o dovrà pagare, perché quando riaprirà la stagione sarà finita e la moda cambia: dunque, merce in gran parte inservibile e necessità di nuovo assortimento.

Il bar o il ristorante
dovranno riempire da zero celle frigorifere e dispense, visto che hanno dovuto buttare o comunque dare in beneficenza tutto ciò che ora non possono utilizzare.

La libreria, quando riaprirà, non recupererà le vendite perse perché i libri ora si acquistano sulle piattaforme online.

Gli alberghi che hanno azzerato la loro attività non riusciranno mai a compensare il lungo periodo di stasi.

Gli agenti di commercio non fanno ordini oggi e non li faranno per un po’ anche dopo, dato che la ripresa delle attività non sara comunque immediata.

E si potrebbe continuare.

In compenso, tutte queste attività devono sostenere spese, parte delle quali sono solo state differite.

Si tratta di piccole e medie attività per le quali la liquidità è la linfa essenziale, che non hanno la solidità finanziaria delle grandi aziende e che talvolta sono scarsamente ‘bancabili’.

Per loro una situazione come questa è insopportabile solo per un periodo limitatissimo, sono già entrate in sofferenza, anticamera della chiusura.

C’è poi il sostentamento proprio e della famiglia, rispetto al quale il bonus di 600 euro è un palliativo e comunque limitato per ora al mese di marzo.

Tutto ciò lascia prevedere che, in assenza di interventi decisi e immediati, una parte di queste attività non riaprirà, impoverendo il tessuto economico e sociale, non senza ripercussioni anche sull’occupazione.

Abbiamo chiari segnali che la condizione di molte imprese si vada rapidamente deteriorando. 

Bisogna assolutamente evitare che ciò accada e lo si può fare in un solo modo: subito una somma di denaro a fondo perduto a ciascuna impresa.

Il CuraItalia prevede qualcosa di simile all’articolo 80, ma la dotazione è di 400 milioni, palesemente inadeguata:
bisogna parlare di miliardi, almeno una decina.

Si rafforzi intanto la dotazione finanziaria del fondo dell’articolo 80 e si programmi nel frattempo un intervento di gran lunga più  deciso.

In questi giorni si sente dire spesso che a situazione eccezionale vanno date risposte eccezionali.

È così, ma dalle parole bisogna passare ai fatti.

Altrimenti, finita l’emergenza sanitaria, saremo spazzati via da quella economica.

Di Antonio Del Vecchio

Giornalista, scrittore e storico. Ha al suo attivo una cinquantina di pubblicazioni su tradizione, archeologia e storia locale.

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