Oltre alle feste pasquali, sparisce dal cartellone delle iniziative locali anche quella della Madonna di Cristo, a Rignano Garganico.
La stessa è fissata il Martedì in Albis e costituisce per i locali una sorta di Pasquetta, perché oltre a soddisfare i piaceri dello spirito e della fede, anche quelli della carne, perché si mangia e fa baldoria all’aperto, per il resto nei vicini agri-turismo.
La cancellazione della festa dovuta al passaggio in zona rossa della Puglia è stata accolta con sommo dispiacere non solo del popolo al cui culto è legato da oltre mille anni, ma anche dei penitenti, che ne avevano seguito passo passo anche quest’anno il novenario preparatorio, raggiungendo a piedi ogni sabato il sottostante Santuario a lei dedicato. Si tratta di un tragitto difficoltoso di circa sei chilometri quasi del tutto svolto su sentieri impervii e saliscendi assai ripidi e scoscesi. E’ una festa diversa che attira sul posto centinaia e centinaia di devoti non solo del posto, ma provenienti da ogni dove. La chiesetta, dove alcuni anni fa sono stati girati gli esterni di uno dei primi film di Padre Pio, si trova su un balzo roccioso ai piedi della montagna su cui sorge il paese.
La origine di essa (a due navate), come la statua (intagliata in legno di ulivo, si perde nella notte dei tempi. Il primo documento storico che parla del fabbricato risale, infatti, al 1176 ed era uno dei tanti possessi dell’Abazia benedettina di San Giovanni in Lamis (ora convento di San Matteo). A parte la storia sull’origine della struttura circolano delle leggende, alcune contenute nel romanzo verista di Giulio Ricci “Rosedda”, San Severo. 1889, la cui riedizione 2001 si deve a chi scrive.
Eccovi uno stralcio significativo che soddisfa lo spirito e la curiosità di ognuno, considerato il periodo che stiamo vivendo, isolati come siamo e chiusi in casa nel dolce far niente.
“…La processione, fu deciso, doversi fare subito innanzi le verginelle vestite di bianco, con le chiome sciolte ed infiorate di rosolacci vermigli, poi la beata Caterina, sola, col campanellino di argento; in ultimo il capitolo con gli abiti filettati di oro e la popolazione di Rignano, Sammarco e San Giovanni scalza; le vesti più lacere ed i cilizii alla vita. Si scelse una mattinata bella piena di sole, di canti di uccelli, di odori di erbe e la strada più brutta, ove i sassi taglienti facevano sanguinare i piedi e i rovi fitti giganteschi laceravano orribilmente le carni. Così si camminava. La beata Caterina con gli occhi pieni di lacrime e le mani convulse, in testa, intuonando il rosario e le canzoncine, dietro, il popolo rispondendo in una sola voce…Allelu…uia, ora pro nobis. A metà costa fu visto uno stuolo di colombi bianchi come la neve, il quale si alzò nel cielo, roteò tre volte sul capo della turba e si disperse in una grotta nereggiante cupamente in cima ad una collina. Avremo la grazia, gridò la beata Caterina e: sia lodatu ogni momentu / lu santissimu sacramentu, continuò canticchiando con entusiasmo.
Essa passava per la donna più santa del villaggio, la più immacolata; era essa che andava in secula e vedeva in sogno e parlava con i santi del paradiso e con i morti delle calle comari; a lei come alla sacerdotessa antica sui tripodi fiammanti, era dato di scongiurare gli spiriti maligni di evocare la madre di Cristo ed il Padreterno. Giunti nella valle si fermò e con un gesto imperioso di mano ordinò alla turba di prostrarsi. – Ave Maria! Gridarono sordamente quelle migliaia di donne, con la bocca per terra e gli occhi in alto: Ave Maria! La beata Caterina si avvicinò alla grotta, si percosse tre volte le spalle nude col cilizio, si fece tre volte il segno della croce ed in mezzo al silenzio solenne della dritta sul limitare della spelonca urlò: – Esci, o Maria, i figli tuoi pentiti ed umiliati ti chiamano!, risposero i sacerdoti. – Eccola! Eccola! Viene…vestita di bianco, proruppero le donne; eccola! Ave Maria…ave Maria! Su quella grotta si fabbricò la chiesa e così la madonna di Cristo ebbe la casa sua…”. Buona lettura!
Giornalista, scrittore e storico. Ha al suo attivo una cinquantina di pubblicazioni su tradizione, archeologia e storia locale.