Si arroventa prematuramente il dibattito politico per le amministrative prossime a Rignano Garganico.
Lo stesso, come noto, vede di fronte tre probabili schieramenti: quello “Uniti per Rignano” che fa capo al candidato sindaco in pectore, Matteo Stanco, attualmente all’opposizione; il sindaco uscente Luigi Di Fiore per il movimento “Rignano che vorrei” e una terza lista che dovrebbe raccogliere gli scontenti dell’uno e dell’altro campo, rappresentata al momento da un grosso e noto imprenditore. E questo in nome e per conto della cosiddetta “Rignano del fare”.
In paese c’è povertà non solo di politica, ma anche di idee ‘elementari’ da ogni punto di vista. Perciò non bisogna credere più ai roboanti e fantasiosi programmi, tirati fuori chissà da quale cassetto conditi di moralismo a buon mercato, ma privilegiare l’esperienza e i pochi e decisivi fatti, necessari per rilanciare al meglio le vocazioni proprie del territorio.
In primis, il riferimento è all’agricoltura, sia della piana, sia della montagna. Nel primo caso, con la messa a dimora, oltre dei soliti graminacei, ma con l’ampliamento qualitativo delle colture specializzate (asparagi, broccoletti, melograni, ortaggi, ecc.), gli impianti di trasformazione e commercializzazione degli stessi, unitamente ai frantoi per la molitura delle olive e l’imbottigliamento dell’olio, ai caseifici, ai salsifici e chissà domani anche per la lavorazione dell’uva e la produzione di vini doc, ecc. Nel secondo caso, il recupero in toto della montagna (circa 4000 mila ettari), attualmente del tutto abbandonata e soggetta al pascolo abusivo e alla deforestazione. Lo si può fare con la costituzione di un consorzio, capitanato dal Comune, che con i suoi circa 600 ettari è il maggiore titolare e l’inserimento di tutte le proprietà private polverizzate.
Tra gli interventi da attuare: il recupero forestale per quanto attiene la proprietà pubblica, destinando le zone spoglie ed abbandonate prevalentemente al pascolo allo stato brado, suddividendolo e affittandolo ai pastori ed allevatori del posto già all’opera o in procinto di farlo. Nel contempo prevedere ed attuare opere di recupero dell’architettura rurale, come macere, tratturi e pagliai, abbandonati da tempo a se stessi e al furto delle sue preziose pietre calcaree, scavate dal sole e dall’acqua.
C’è poi il turismo in tutte le sue sfaccettature (culturale, gastronomico e naturalistico). C’è poi, il discorso dell’efficientamento energetico e della messa in funzione della rete della fibra ottica. Nel primo caso, sull’esempio di quanto già fatto in pianura con le pale eoliche, bisogna proseguire il medesimo discorso attuativo anche nel centro abitato con investimenti sia nell’eolico, sia nell’energia solare, ampliando così l’intervento, dopo quello sugli edifici pubblici, anche agli immobili privati. Un intervento, quest’ultimo, resosi ormai necessario ed indispensabile, dato l’aumento stratosferico del caro bollette.
Infine, ci sono i servizi alla persona, in tutte le sue espressioni, sanitarie, assistenziali e di riposo soggiorno, a cominciare dai residenti e per finire agli eventuali ospiti che scelgono il paese, dove migliorare il proprio stato di salute, grazie all’aria ossigenata e rigenerativa. E dove potrebbe nascere un luogo per ospitarli e perché no curarli.
Giornalista, scrittore e storico. Ha al suo attivo una cinquantina di pubblicazioni su tradizione, archeologia e storia locale.